Scrivere bene: i più comuni errori grammaticali
In questo articolo, che aggiornerò periodicamente, ho intenzione di inserire delle tabelle che riportino i più comuni errori grammaticali e di punteggiatura, così da creare un punto di riferimento per chiunque avesse dei dubbi.
Come dico spesso anche agli studenti della nostra scuola di scrittura online: oggi non basta più solo saper scrivere bene, per vivere di scrittura, ma non si può vivere di scrittura se non si è in grado di scrivere bene.
Non so tu, ma io trovo, sia in giro sul Web che offline, sempre più persone che commettono errori da brivido, come “ha” senza ‘”h”, oppure “ke” al posto di “che” e cose del genere. A queste, si aggiungono quelle persone che, per distrazione o per dubbi improvvisi, commettono gli errori più disparati.
La questione diviene ancor più seria, però, quando questi errori vengono commessi da coloro che con la scrittura ci campano (giornalisti, blogger, scrittori), o da persone con preparazione “scolastica” elevata (ingegneri, medici, avvocati, manager…).
Per questo motivo, andiamo subito al sodo.
Perché scrivere bene non è solo indice di professionalità, è anche segno di rispetto verso chi legge i nostri scritti.
I più comuni errori grammaticali: la “D” eufonica
Con “d” eufonica si intende la lettera “d” posta alla fine di una congiunzione o di una preposizione. Faccio un esempio: “ed era notte”.
Ecco, la “d” eufonica si usa quando la parola successiva inizia con la stessa vocale con cui termina la precedente. Nel caso di prima, dunque, è corretto metterla.
Nel caso “ed andai via”, invece, non va messa. Nel “burocratese” si fa spesso abuso della “d” eufonica, fino alla nausea, attenzione!
Ci sono, tuttavia, casi in cui il testo può risultare più musicale con la “d” eufonica che senza, anche se la regola non la vorrebbe.
“Ad esempio” può essere uno di questi, ma anche “ad ogni”. Forse suona meglio perché siamo abituati ad ascoltare questa versione, nella lingua parlata. Qualcuno, in casi come questi, preferisce metterla e violare la regola. A te la scelta.
I più comuni errori grammaticali: singolare, o plurale?
Alle volte ci si trova davanti a dubbi amletici generati da nomi collettivi. “La gran parte”, “la maggior parte”, “una moltitudine”, “una schiera”, “un gruppo”, “una serie” e così via. In questi casi occorre usare il singolare, o il plurale, nella forma verbale?
Quando il nome collettivo è seguito da un complemento di specificazione, si possono usare entrambe le forme. Forse quella al singolare è più elegante, ma è un mio parere. Faccio un esempio:
- C’era un’infinità di oggetti. C’erano un’infinità di oggetti.
- Una serie di parole uscì dalla sua bocca. Una serie di parole uscirono dalla sua bocca.
- La gran parte delle donne è molto sensibile. La gran parte delle donne sono molto sensibili.
Se il complemento di specificazione non c’è, si utilizza sempre e solo il singolare.
- La gente salutò.
- Ce n’è una serie.
- La maggior parte se ne andò.
I più comuni errori grammaticali: l‘accento
CON ACCENTO | SENZA ACCENTO |
Dà (terza persona singolare, presente indicativo del verbo dare) | Da (preposizione semplice) |
Né (accento sempre acuto, solo quando è congiunzione negativa) | Ne (avverbio o pronome) |
Sì (affermazione) | Si (pronome) |
Lì e là (avverbi di luogo) | Li e la (pronomi) |
Sé (accento sempre acuto, solo quando è pronome) | Se (congiunzione) |
Poiché, Finché, Allorché, Perché (sempre l’accento acuto) | |
Do (non vuole mai l’accento) | |
Qui e qua (avverbi senza accento) | |
Sa, va, fa, sta, so, sto (non vogliono mai l’accento) | |
Po’ (non vuole mai l’accento, ma l’apostrofo poiché è l’abbreviazione di “poco” ) |
I più comuni errori grammaticali: l‘apostrofo
(indica sempre l’elisione di una sillaba o di una lettera)
Parola apostrofata | Motivazione |
Un e Un’ | Si mette solamente se l’articolo regge un sostantivo femminile |
Da’, fa’, sta’, va’ | Sono abbreviazioni di verbi all’imperativo (Dài, fai, stai, vai) |
Mo’ | Abbreviazione di “modo”, indica la caduta della sillaba “do” |
Po’ | Abbreviazione di “poco”, indica la caduta della sillaba “co” |
Qual è | Attenzione: non vuole l’apostrofo |
I più comuni errori grammaticali: la pericolosa lettera “I”
Parole con la “I” | Parole senza “I” |
Scienza | |
Coscienza | |
Usciere | |
Province | |
Conoscenza | |
Superficie | |
Sufficiente | |
Efficienza |
I più comuni errori grammaticali: con una o due “Z”?
(Alcune parole, come “pazzia” e “razzia“, fanno eccezione)
Le parole che terminano con le seguenti sillabe vogliono sempre una sola “Z” |
-àzia (es. Grazia) |
-azìa (es. Democrazia) |
-èzia (es. Spezia) |
-ezìa (es. Profezia) |
-ìzia (es. Milizia) |
-ziòne (es. Determinazione) |
-àzio (es. Spazio) |
-ìzie (es. Milizie) |
-izìa (es. Polizia) |
-izìe (Es. Polizie) |
-ìzio (es. Inizio) |
-òzio (es. Ozio) |
-èzio (es. Screzio) |
-ozìa (es. Idiozia) |
-ùzia (es. Astuzia) |
-ùzio (es. Muzio) |
I più comuni errori grammaticali: la punteggiatura
(Perché è importantissimo mettere una virgola dove serve, o un punto esclamativo)
Punteggiatura | Regole | Esempi |
La virgola | Si usa per:1. separare elementi di un elenco non uniti da congiunzione,2. separare un vocativo,3. negli incisi,4. dopo avverbi significativi come “sì”, “no”, bene”,5. nelle interiezioni,6. nelle apposizioni,7. davanti a “sebbene”, “che” (se consecutivo), “affinché”, “se” (se condizionale), “ma”, “anzi”, “però”,
8. evidenziare proposizioni correlative, 9. evidenziare proposizioni coordinate per asindeto, 10. distinguere le differenti proposizioni di un periodo, 11. distinguere diversi verbi di una stessa proposizione. |
1. Ieri ho mangiato pane, burro e marmellata.2. Voi, venite qui!3. Quando lo vidi, nel palazzo, mi meravigliai.4. No, non posso farlo!5. Ah, se solo tu mi credessi…6. Tuo zio, uomo grande e forte, è un bambinone.7. Ci sa fare, sebbene si impegni poco.8. O qualcosa è andato storto, o io sto perdendo la ragione.
9. Traversai campi, strade, quartieri e cortili, senza fermarmi. 10. Se n’è andata, mentre ancora parlavo, senza voltarsi, ma io non la fermai. 11. Le strade sono dissestate, i campi allagati. |
Il punto e virgola | Pausa più lunga della virgola. Si usa per indicare che c’è opposizione o differenza tra due concetti. | Era un ragazzo piacente; tuttavia emanava un senso di inquietudine. |
Il punto | Oltreché alla fine di un periodo, si usa anche per abbreviazioni e acronimi (in questo caso il punto finale deve esserci sempre e non richiede, dopo, la lettera maiuscola. Non è presente se è seguito da un punto semplice di fine frase. | Hai idea di cosa voglia dire O.N.U.? |
Il punto esclamativo | Solitamente si usa a fine frase per richiamare emozioni forti. Ma lo si usa anche tra parentesi, per rimarcare un commento, o in una frase per creare una pausa qualitativa. | Scrisse anche lui un articolo, ahinoi!, e definì il loro lavoro “sconcertante” (!). |
Il punto misto | Esprime meraviglia, sorpresa. | Se ne andò senza salutare!? |
Il punto interrogativo | Indica una domanda diretta. In quelle indirette non si utilizza. Si utilizza anche come inciso, solo tra parentesi, mai tra virgole. | A cosa pensi? Dimmi a cosa pensi. Dimmi: a cosa pensi? Pensa a suo fratello (davvero ne ha uno?) e sorride. |
Le parentesi tonde | Racchiudono parti della proposizione che non hanno una valenza principale nella stessa. | Ce ne andiamo subito (o forse no). |
Le parentesi quadre | Racchiudono parti estranee al testo in oggetto, come le “famose” Note del Redattore nel giornalismo. | Il reato, per il politico è di concussione [NdR]. |
Il tratto di unione | Congiunge parole composte, o manda a capo parole scomposte in sillabe. | Preferisco la terapia razional-emotiva alla psicoanalisi. |
La linea e le virgolette | La linea, nel discorso diretto, sostituisce le virgolette. Talvolta sostituisce le parentesi. Le virgolette mettono in evidenza una parola o una frase, racchiudono parole ambigue, introducono il discorso diretto, o una citazione. Possono essere anche “caporali” (<<). | “Smettila, scemo!” |
Asterisco | Richiama note a piè di pagina, o permette di omette nomi (in questo caso se ne usano sempre 3) | Il signor *** è un poco di buono, si sa. |
I punti di sospensione | Interrompono il discorso creando suspense, preparando a una sorpresa, lasciando che il lettore completi da sé la frase. Alla fine di una serie, indicano continuità. Nel discorso diretto indicano reticenza o, se posti davanti alla proposizione, continuità con quanto detto prima (o si lascia immaginare si stato detto prima). | …e se ne andò… |
I due punti | Introducono una frase esplicativa, un elenco, oppure un virgolettato. | Il tuo cuore è come quello di un bimbo: puro e colmo d’amore.Erano in 2: lui e lei.Mi disse: “falla finita!” |
La punteggiatura nei dialoghi, invece, ha alcune regole a sé. Dato che ogni editore utilizza le proprie, ti rimando a un ottimo PDF esaustivo.
I più comuni errori grammaticali: alcuni frequenti dubbi
(Spesso ci sorgono dubbi grammaticali, si dirà così o in quell’altro modo? Ecco alcune risposte.)
Dubbio grammaticale | Risposta al dubbio grammaticale | Esempio |
Digli o Dille? | “Gli” fa chiaro riferimento al genere maschile. “Le” a quello femminile.
Dunque, bisogna prestare attenzione alla concordanza. |
Marco è sbadato, digli di fare attenzione.
Carla è allegra, dille di non fare baccano. |
Vienimi a prendere o vieni a prendermi? | Come dice anche la Treccani, la particella può essere inserita in entrambi i verbi.
La prima forma è più tradizionale, la seconda più moderna e colloquiale. |
Direi che il dubbio funge già da esempio. 😉 |
Perlopiù, o per lo più? | Sono corrette entrambe le forme, in questo casa si tratta di scelta puramente stilistica. | Studio perlopiù all’aperto.
Viaggio per lo più in auto. |
Installare, o istallare? | Sono corrette entrambe le forme, ma la più comune è “installare”. | Qui l’esempio sarebbe di troppo. 🙂 |
Un ulteriore, o un’ulteriore? | Questo dubbio ne include molti altri. La differenza la fa sempre il genere del nome che segue.
Se è femminile e inizia per vocale, si utilizza l’apostrofo. Se è maschile, no. Insomma, se si può scrivere “una”, si può scrivere anche “un'”, quando il nome inizia per vocale. |
Un ulteriore passo avanti.
Un’ulteriore scelta. Un imprevedibile evento. Un’imprevedibile giornata. |
A posto, o apposto? | “A posto” vuol dire che un qualcosa al suo posto. Lo si usa anche per rispondere il classico “Tutto a posto”.
“Apposto”, invece, è il participio passato del verbo apporre. |
Dov’è il vino? L’ho messo a posto.
Il quadro è stato apposto. |
Si può dire “lo scendo”? | No, non si può. Si tratta di una forma dialettale. Il verbo scendere non è un verbo transitivo.
Così come non lo è il verbo “uscire”, spesso utilizzato in questa forma scorretta (es. “esci il cane”). I verbi transitivi sono quelli che ammettono un complemento oggetto diretto, senza il tramite una preposizione. Gli altri sono “intransitivi”. Più semplicemente, il verbo “scendere” e il verbo “uscire” non rispondo alla domanda “che cosa?”, quindi sono intransitivi. |
Esempi inclusi nel box accanto. 🙂 |
Ingegnere, o ingegniere? | Nulla di troppo da dire, la forma corretta è quella senza la “i”: ingegnere (ingegneria…). | Ehm… |
Legenda, o leggenda? | Entrambe le forme sono corrette, ma hanno significati diversi.
Leggenda (con 2 “d”) fa riferimento a storie a metà tra la realtà e la fantasia. Legenda (con una sola “d”) viene dal verbo latino “lego”, quindi fa riferimento a qualcosa da leggere. Ed ecco perché si usa nei testi, per far riferimento a una tabella esplicativa. |
Esempio 1: Conosci la leggenda metropolitana del tipo con i fari spenti?
Esempio 2: Per maggiori informazioni, dai uno sguardo alla legenda qui accanto. |
Ricorda sempre che scrivere bene è fondamentale.
Prima di pubblicare un libro, per esempio, devi scriverlo bene e renderlo professionale sotto vari punti di vista. Se scrivi per il web, o per il giornalismo, non puoi permetterti errori di scrittura. E poi devi fare del buon marketing etico che ti faccia vendere, e devi realizzare un piano di business su misura. Altrimenti resterà uno dei tanti libri scritti e dimenticati.
Se vuoi imparare tutto questo e fare le cose in modo serio, dài un’occhiata alla nostra scuola di scrittura e marketing online.
16 Commenti
Ottimo articolo!
Grazie mille! 🙂
Bravo, Roberto, generoso e grande come sempre. 🙂
Grazie di cuore, Lucia! 🙂
Semplice, ma tecnicamente efficace!!
Bravissimo, Roberto!
Grazie Angelo! 🙂
Grazie utilissimo lavoro
Grazie Luisa!
Ottimo articolo!
Inserirei anche l’uso dell’accento su “dì” per indicare l’imperativo, che trovo di frequente, quando, invece, occorre l’apostrofo: di’ a Luca di stare zitto e non dì a Luca di stare zitto.
Grazie Emanuela! 🙂
La parte sull’imperativo la trovi nella sezione “L’apostrofo”.
Nessun Commento !!! la grammatica, talvolta, la si perde di vista, e accade la perdita, anche se, della cognizione.
Buongiorno, sono un innamorato della lingua italiana. Del nostro lessico amo il modo congiuntivo, del quale il presente non viene più usato. Non parliamo, poi, della concordanza temporale dei verbi. È un disastro!
Cordiali saluti.
Aldo Rabbiati
Che bello leggere Italiano e non “Italiacane” ! Grazie !
Hai ragione, dovremmo rispettare tutti molto di più la nostra lingua. Grazie Corrado!
Bellissimo! grazie mille per avermi aiutato, domani ho una verifica hahaha
Grazie e in bocca al lupo! 🙂
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