Scrivere come i grandi: lezioni da Breaking Bad
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Scrivere come i grandi: lezioni da Breaking Bad

Quando si parla di scrivere come i grandi, si pensa sempre solo ai libri. Ma grandi lezioni possono essere apprese anche da film e serie TV.

Oggi vediamo cosa può insegnarci la pluripremiata serie TV “Breaking Bad”.

 

Scrivere come i grandi: Breaking Bad e la trama

Andiamo per passi e, prima di tutto, vediamo di cosa tratta, Breaking Bad.

Breaking Bad è una serie TV composta da 5 stagioni andata in onda dal 2008 al 2013 e visionabile ancora oggi su Netflix.

Breking Bad ci racconta magistralmente la storia di Walter White, un professore di chimica a cui viene diagnosticato un cancro ai polmoni. Questa notizia drammatica e inattesa lo porta verso un turbinio di pensieri tra cui emerge quello più inquietante: cosa lascerò in eredità alla mia famiglia?

Questo dubbio porta Walt a trasformarsi in un “cuoco” di metamfetamine. Sì, diventa un criminale, pur di dare un futuro solido alla sua famiglia. Ma è davvero questa, la motivazione?

Da qui in poi ti consiglio di continuare a leggere solo se hai già visto la serie, per 2 motivi:

  1. È pieno colmo di spoiler, ti dirò cosa accade nelle corso delle stagioni
  2. Se non lo hai visto non puoi capire le lezioni che ci sono dietro

 

Scrivere come i grandi: Breaking Bad e gli inneschi narrativi

Partendo da una situazione base, con pensieri che chiunque formulerebbe, in una simile situazione, Vince Gilligan, autore della serie, doveva per forza inventarsi qualcosa di geniale per trasformare il tutto in un thriller-dramma da premio.

Così, ha trovato degli inneschi narrativi davvero intriganti e sempre (sempre!) realistici.

Ci troviamo in un mondo realistico, che potrebbe essere quello del nostro vicino di casa. Quindi, ogni innesco deve essere per forza realistico. E Gilligan ci riesce alla perfezione. Sin dall’inizio. Sa quello che lo spettatore vuole vedere. E sa cosa lo spettatore sta pensando. Così, ogni volta lo spiazza.

Prendiamo l’innesco iniziale, come arriva a pensare alle metamfetamine, il signor nessuno Mr. White?

Un giorno, mentre festeggiano il suo compleanno, suo cognato Hank, agente della DEA (l’unità federale statunitense antidroga) lo invita a spezzare la monotonia della sua vita portandolo in giro con lui in un’ordinaria routine di arresti.

Il nostro Walt finisce per accettare, anche perché tutti vedono in Hank una sorta di eroe, sempre pronto a raccontare storie che affascinano. Chiunque, compreso il figlio di White, Walter Junior, lo adora.

In uno di questi giri di pattuglia, mentre gli agenti di Hank arrestano uno spacciatore, Walt è da solo in auto e, dal retro della casa dello spacciatore, vede sbucare una persona che conosce. Dal piano di sopra della casa sgattaiola via dai tetti un suo ex studente: Jesse Pinkman.

Walt ha un tumore. Non sa che futuro dare alla sua famiglia. Hank è un figo. E Pinkman sa che lui lo ha visto. Innesco perfetto. C’è psicologia e realismo.

White, anziché denunciare Pinkman, lo raggiunge a casa e finisce per proporgli di lavorare insieme. Lui è un esperto di chimica e “cucinerà” metamfetamine con lui.

Così inizia il tutto. Come vedi, l’innesco è perfetto, coerente con il tipo di storia e con ciò che gli spettatori cercano in una trama di questo tipo. Si parte alla grande.

 

Scrivere come i grandi: Breaking Bad, i cliffhanger e i flashforward

Breaking Bad parte con un potentissimo flashforward: Walter White ha una pistola in mano e sta per essere raggiunto da sirene a tutto spiano. È mezzo nudo in mezzo al deserto. Lo spettatore subito si chiede: che diavolo sta succedendo?

Ma il caro Vince non ce lo dice subito. Anzi, inizia con ritmi molto lenti che caratterizzano tutta la prima stagione. Ci presenta i personaggi, genera l’innesco iniziale e solo alla fine della prima puntata capiamo come Walt sia finito in quella situazione e cosa accadrà.

Il finale della prima puntata, così come i successivi, inoltre, lasciano un qualcosa in sospeso. Ci fanno attendere con ansia la puntata successiva. E questo riesce a mitigare anche gli iniziali ritmi rallentati.

Le tecniche del flahsforward (mostrare cosa accadrà a breve) e dei cliffhanger (lasciare lo spettatore appeso a un dubbio) caratterizzano tutta la serie e sono parte integrante anche di altre serie e libri di successo, per questo ne parlo ampiamente anche nell’Accademia del Self Publishing.

Ciò su cui punto l’attenzione, nell’Accademia, è che queste tecniche (e altre che vengono trattate) possono essere utilizzate in qualsiasi tipo di narrazione, sia essa drammatica, thriller, romantica, per bambini o addirittura giornalistica e commerciale.

E che dire del flashforward della seconda stagione? Sin dall’inizo veniamo bombardati con scene future che mostrano un inquietante pupazzo nella piscina di Walter. Degli occhiali. La sua auto distrutta e due cadaveri che vengono messi in sacchi da obitorio. Ora sappiamo che la serie è composta da 5 stagioni, ma quando uscì la stagione 2 non lo sapevamo.

E cosa abbiamo pensato? Che Walter e Pinkman venissero uccisi. Che i cadaveri fossero i loro. Che gli occhiali nella piscina fossero di Walt. Che tutto finisse lì. Ma di nuovo Gilligan gioca con la nostra mente, con le nostre aspettative. E poi ci sorprende con l’incidente aereo. Geniale!

In Breaking Bad ritroviamo queste tecniche sparse ovunque. Quali sono i tuoi flashforward e cliffhanger preferiti, di Breaking Bad? Scrivilo nei commenti.

 

Scrivere come i grandi: Breaking Bad e i personaggi

I personaggi sono il punto di forza di Breaking Bad. Non si battono. Sono caratterizzati talmente bene da sentirli vicini già dopo poche puntate.

Personaggi reali che miscelano il Bene e il Male di ciascuno. Da che parte stare? Questo si chiede lo spettatore, e Vince lo sa. Ecco perché, quando iniziamo a odiare un personaggio, l’autore ce lo mostra sotto un lato più umano o comico. E quando iniziamo ad amare Walt, scopriamo che ci sta prendendo gusto e che si sta lasciando trasportare dal Male.

Perderà del tutto la sua umanità? Ce lo chiediamo fino all’ultima scena dell’ultima stagione.

Ogni personaggio della serie, da Walter White a Pinkman, sino a Hank, Skyler (moglie di White), il grande avvocato Saul Goodman, il suo scagnozzo obeso, gli amici strafatti di Pinkman e tutti gli altri sono personaggi principali. Anche i personaggi secondari lo sono.

In una scena, Walter White sta per sottoporsi a una nuova TAC per monitorare lo stato di avanzamento del tumore. In quella breve scena compare un giovane che sta per subire lo stesso trattamento. In meno di due minuti, questo personaggio, di cui non ricordo nemmeno il volto, dà vita a una discussione sul destino e sul controllo che ciascuno di noi ha su di esso.

Scena indimenticabile, che tocca il cuore. Ma chi diavolo è, quel ragazzo? Non lo sapremo mai. Eppure, in poche battute ci resta in mente e lascia il segno.

E che dire di Hector Salamanca? Un personaggio che io ho visto come una sorta di omaggio a monsieur Noirtier de Villefort de “Il conte di Montecristo” di Alexandre Dumas. Hector si intromette solo a tratti, nelle vicende di White e Pinkman, ma riesce a diventare fondamentale per una delle svolte epocali della serie: l’omicidio di Gustavo Fring ideato da Walter White. Omicidio seguito da una frase che Walt rivolge telefonicamente a Skyler. Frase che sancisce la completa trasformazione di White in Heisemberg: “ho vinto io”.

Quando crei dei personaggi chiediti sempre cosa farebbero e penserebbero nella realtà. Diventa loro, quando li caratterizzi. Entra nel loro animo. E quando li fai parlare, fa’ sì che siano davvero loro a parlare, non tu o un personaggio stereotipato già visto altrove.

Peraltro, le azioni e dialoghi sono ciò che meglio caratterizzano un personaggio. Gli anglosassoni insegnano: show, don’t tell!

Breaking Bad è un gran successo proprio perché non somiglia a nulla di già visto!

 

Scrivere come i grandi: Breaking Bad e i colpi di scena

Breaking Bad non è un thriller puro, è una serie drammatica, ma di azione e colpi di scena carichi di tensione ce ne sono moltissimi.

Ogni volta che il caro Vince mette in atto un colpo di scena riesce a lasciarci a bocca aperta. Gioca con la nostra mente. Ti faccio un esempio molto chiaro.

A un certo punto della storia sappiamo bene che quando Walter White è sotto effetto di anestetici dice verità inconfessabili. Lo scopriamo quando sta per entrare in sala operatoria per asportare il tumore e Skyler gli chiede dove sia il suo cellulare.

Bene, White le risponde: “quale dei due?”.

Questa semplice frase (che chiude la puntata e la stagione con un cliffhanger potentissimo) dà ragione al sospetto di Skyler: il marito ha 2 cellulari. Ma non perché ha un’amante… e da lì la moglie di White scoprirà il giro di metamfetamine, dando una svolta alla storia (altro innesco realistico e fantastico).

L’autore sa che noi ora sappiamo che White si comporta così. E sappiamo che White ha visto morire di overdose Jane, la fidanzata di Pinkman, senza che intervenisse per salvarla (dato che aveva paura che lei lo ricattasse).

Mentre cucinano, Pinkman lo stordisce con pasticche tranquillanti e Walt inizia a sparlare, nominando Jane, dicendo che gli dispiace molto. E noi siamo lì col fiato sospeso: ecco, ora gli dice tutto e succede un gran casino. Ma non dice nulla.

Perché?

Perché il caro Vince lo sa che noi ci aspettiamo quello e ci spiazza di nuovo. Così, non solo viviamo un colpo di scena memorabile e una tensione alle stelle, ma ci lascia anche con un dubbio: glielo dirà mai?

 

Scrivere come i grandi: Breaking Bad e il viaggio dell’eroe

Gilligal ci spiazza anche sulla storia, in sé.

Siamo abituati a un viaggio dell’Eroe verso il Bene, la Salvezza. Ma Gilligal fa esattamente ciò che suggerisco anche io di fare nell’Accademia del Self Publishing: ribalta la situazione. Sembra facile a dirsi, ma lo è meno al farsi.

Bisogna studiarla bene, questa strategia, conoscere le regole della narrazione e lavorare di fino, o si rischia di creare un flop senza precedenti.

Vince Gilligal questo lo sa ed è un maestro della narrazione. Infatti, ci porta verso un viaggio dell’Eroe al contrario. Il caro Walter White vive in una condizione di Bene e la sua “chiamata” lo porta verso il Male.

Insomma, ogni regola viene sovvertita, ormai lo avrai capito bene. Il vero punto di forza di Breaking Bad è quello di saper leggere nella mente dello spettatore e di spiazzare le sue aspettative con colpi di scena a ogni livello, persino al livello della nascita della storia.

 

Scrivere come i grandi: Breaking Bad e il finale

Il finale di Breaking Bad è un capolavoro, tanto che il creatore di Lost, Damon Lindelof, è arrivato a dire (dopo le numerose critiche al finale della sua serie): “avrei voluto scriverlo io”.

Breaking Bad finisce nel modo più drammatico, ma anche più liberatorio. Riesce a soddisfare i desideri di chi ha amato Walter White e di chi lo ha odiato. I desideri di chi tifa per il Bene e di chi tifa per i Male.

Inoltre, il finale riesce a essere, allo stesso tempo, conclusivo e aperto.

Vediamo Walter White cadere accanto a un silos per la creazione di metamfetamine mentre si vede riflesso sull’acciaio. Walter White che guarda Heisenberg e muore quasi carezzando quegli attrezzi che lo hanno riportato in vita (dato che lo ha appena confessato anche a Skyler: “l’ho fatto solo per me, mi faceva sentire vivo”). Un simbolismo dietro l’altro, dove ogni elemento trova il suo posto, persino la famosa ricina. Perché, come diceva giustamente Checov: “se c’è una pistola, prima o poi deve sparare”.

E qui tutte le pistole sparano. Tutto torna.

Ma… siamo sicuri che sia morto? È a terra, sì, è stato colpito dalla sua stessa arma che ha rimesso tutto a posto e scritto la parola fine su quello spargimento di sangue che ha portato alla morte anche Hank. Ma sorride. È solo una smorfia premorte, o è ancora vivo?

E Pinkman che va via sfogando in un urlo liberatorio tutta l’adrenalina, la rabbia e lo stress di quegli ultimi due anni di eventi drammatici? Che farà? Continuerà o cambierà vita?

E Walter Junior, il figlio di White, accetterà i soldi che Walt ha obbligato i suoi ex soci a donare al figlio, quando da lì a breve diverrà maggiorenne? O capirà che sono i soldi di suo padre, che prima amava tanto e che ora odia, conquistati con il sangue? Li rifiuterà?

Gli amici di Pinkman come utilizzeranno i soldi che ha dato loro Walt per la messinscena a casa dei suoi due ex soci? E il guardaspalle di Saul è ancora nella casa in cui lo hanno messo Hank e i suoi? A proposito: Saul che fine ha fatto? Dove si è rintanato?

Risposte che troveremo nel film “El camino”… ma solo in parte.

Il finale non può e non deve essere banale, mai! Deve soddisfare le aspettative dello spettatore/lettore. Deve lasciare a bocca aperta e deve far riflettere, in qualche modo.

 

Ecco, questi sono gli elementi di un grande racconto. Qualsiasi sia la sua forma finale.

Spero che Breaking Bad, ora, ti abbia insegnato qualcosa in più.

E se ti piace giocare con i simboli, eccoti un video che ti svela 25 simboli nascosti nella serie e che probabilmente non hai notato. Il video è in inglese.

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